Marriott Hotel.
17.30
Stanza 320
J. M.
Fu l'unica cosa che riuscii ad ottenere sfregando con la
matita i solchi impercettibili del primo foglio bianco. Poteva
bastare. Accesi il computer e cercai l’indirizzo: Hotel Marriott
Milano, via Washington 66. Nel traffico del pomeriggio ci avrei
messo almeno mezz’ora.
Lo sapevo che quel bastardo mi tradiva, ed era stato anche tanto
stupido da farsi notare mentre sussurrava al telefono perché non
lo sentissi. Da mesi gli controllavo la posta elettronica e il
cellulare: nulla. Ma ne ero sicura, me lo sentivo che aveva
un’amante. E adesso lo avevo smascherato, l’infedele. Il fascino
dell’idraulico, l’avevo sempre creduto un luogo comune.
Uscita dalla camera 320 mi sentivo la donna più idiota del
mondo. Tutti avevano riso di me quando ero entrata come una
furia gridando frasi senza senso. Guardai l’orologio: le 18.00.
Tra circa un’ora Franco sarebbe tornato a casa. Che cosa gli
avrei detto? Lo avevo messo in imbarazzo davanti a tutti con la
mia gelosia. E pensare che avrei potuto anche capire. Quel J. M.
a cui non avevo fatto caso, non si sarebbe segnato le iniziali
della sua amante, no? Che stupida, che stupida!
Ripassai a testa bassa davanti alla reception, dove pochi minuti
prima avevo fatto fuoco e fiamme per riuscire a raggiungere la
stanza. La porta girevole mi catapultò fuori da quel luogo, dove
avevo perso buona parte della mia dignità. Pioveva ancora. Poco
male, tanto non sarei diventata più bagnata di così.
Tornata a casa, sperai che una doccia calda mi avrebbe lavato
via un po’ di vergogna. Appena entrata lessi sulla colonna
doccia: “COLLECTION J. M. WILMOTTE”.
Esattamente come quella che Franco e gli altri operai stavano
montando nella stanza 320.