Mauro, seduto dietro al bancone della reception diede
un’occhiata alla bacheca. Sedici chiavi legate al pesante
portachiavi in ottone con il logo dell’Hotel Capitol. Sedici
come il numero di camere. Nessun cliente.
Si alzò dalla poltrona e, come tutte le mattine, uscì per
comprare i giornali. Appena varcata la soglia, si girò a
osservare l’albergo. Sarebbe rimasto suo ancora per poco tempo.
Era riuscito a gettare alle ortiche quello per cui i suoi
genitori avevano speso la vita. Ora si trovava senza soldi,
senza clienti, con un marchio d’infamia addosso e con una
denuncia pendente.
Ricordò il momento in cui quella malsana idea per aumentare la
sua clientela gli era balzata nella mente.
In fondo, il lago di Mergozzo che si vedeva dalle finestre delle
sue camere, non era male ma pochi lo conoscevano. Ci sarebbe
voluto un evento eccezionale per fare in modo che diventasse
famoso e richiamasse i turisti distratti da altre mete più
conosciute. E l’evento lo avrebbe creato lui. Vecchie leggende
degli anziani del luogo raccontavano di un grande pesce che
viveva sul fondo dello specchio d’acqua. Ma lì dentro c’erano
solo trote e lucci.
Aveva bisogno di un testimone credibile. Scelse suo nipote di
quattordici anni. Mai scelta fu meno felice. In fondo quel
ragazzino doveva semplicemente sostenere di avere visto un
essere gigantesco nelle acque del lago e di essere fuggito per
il terrore. Avrebbe dovuto restare nascosto per un paio di
giorni in modo da sembrare scomparso e poi farsi trovare bagnato
e infreddolito. Sarebbe stato sufficiente recitare il copione
che Mauro gli aveva preparato e tutto sarebbe andato bene.
I giornali di tutta Italia avrebbero parlato del mostro del lago
e i curiosi sarebbero arrivati a centinaia.
Ma quello stupido ragazzo non aveva retto all’interrogatorio dei
carabinieri e aveva raccontato che era stata tutta una messa in
scena organizzata dallo zio.
Arrivò all’edicola. Le prime pagine, anche locali, non parlavano
più della vicenda. Ma gli restava una denuncia per procurato
allarme che lo costringeva a spendere quei pochi soldi che gli
restavano in parcelle degli avvocati.
Tornò nella hall dell’albergo. Nessuno lo aspettava. Guardò la
superficie del lago appena increspata. Si mise il costume da
bagno e vi si immerse.
Quando un’ombra scura grande tre volte più di lui gli azzannò il
polpaccio e lo trascinò con se sul fondo, Mauro avrebbe voluto
poter sorridere.