Tutto cominciò in un caldo pomeriggio d'estate. Mi trovavo,
come da mia abitudine, ai piedi della grande quercia che si
ergeva ad ovest della villa; avevo con me il solito blocco dove
appuntavo le idee che tentavo di trasformare in poesie e il
vecchio libro di mio padre, quello che amavo rileggere sempre
durante le vacanze estive. Il giorno che stava per terminare
sarebbe stato il primo della mia nuova vita. Mi sedetti. L’ombra
lunga dell’albero sembrava una freccia che puntava verso mio
futuro. Aprii quel libro che sapeva di famiglia, di casa. Quella
famiglia e quella casa che da molto tempo non sentivo più mie.
Ancora una volta rilessi quelle parole: <<-No, adesso non posso
pensare - si diceva - dopo, quando sarò tranquilla-. Ma questa
tranquillità per riflettere non veniva mai >> e poco dopo Anna
Karenina si sarebbe gettata sotto il treno.
La tranquillità ecco cosa avrei voluto, come Anna desideravo un
po’ di serenità per la mia vita tormentata e faticosa.
Amavo quel libro, amavo mio padre, ma nessuno amava me.
Mi rialzai, afferrai il libro con due mani e lo strappai a metà,
poi ancora. Lo gettai sull’erba insieme al blocco di carta e
alla matita che avevano raccolto i miei pensieri più intimi.
Presi la scatola di fiammiferi dalla tasca dei pantaloni, ne
accesi due e affidai al fuoco il compito di disgiungere la mia
vecchia vita da quella che stava per iniziare. Un cammino
difficile e faticoso, ma finalmente il mio cammino.
Fragili brandelli di carta bruciata volavano nel vento, neri
come la mia nuova anima. Con loro se ne andavano la dolcezza e
la pietà che mi avevano accompagnato per troppo poco tempo.
Avevo giurato che nessuno mi avrebbe più fatto del male,
nessuno. Né i miei compagni di scuola né mio padre sempre con la
cinghia in mano né quella madre indifferente che fingeva di
volermi bene.
Nessuno sapeva di quel demone che si agitava dentro di me e non
riuscivo a placare, a soddisfare. Fino a quel giorno.
La sera precedente, mentre affondavo il coltello nella gola di
quella ragazza, sentii di avere compiuto il grande salto. Ero un
carnefice, finalmente, non più una vittima.
M’incamminai sul sentiero che mi avrebbe riportato al paese. Non
sarei più tornato in quel luogo.
Michael Lee fu arrestato sei anni dopo con l’accusa di avere ucciso otto studentesse. Suo padre era morto alcolizzato l’anno successivo al primo omicidio. Sua madre, prostituta, intervistata dai giornali, disse di non riuscire a spiegarsi perché suo figlio si fosse trasformato in un serial killer.